Salve e Ruggiano
Serenata di Nicola

Borgo Terra

INTRODUZIONE ALL'ASCOLTO

È una sera di Giugno del 1959. Nicola è un venticinquenne, un contadino di Salve focoso e pieno di vita, è innamorato di Lucia, anche lei di famiglia modesta, che vive con i suoi in una casetta a Borgo terra, a Salve. Avviciniamoci, sta preparandosi a fare una serenata, armato di chitarra e coraggio, sotto una finestra.

Italiano

TESTO

Scusati, ma che cos’è questa processione? Che tenete da fare, da queste parti? … non è che ve ne voglio mandare, eh? Che la via è di tutti, come si dice! Almeno quella! Anzi, forse e non forse che mi potete pure dare una mano, che qua la situazione è delicata, delicatissima! Che se non era così, non certo me ne stavo qua, a quest’ora! Che quanto passa e fa giorno, di nuovo? Fra quattro ore sto già nei campi di Don Carmine, a raccogliere zucchine. Ancul’a iddu, aci ccoiu zucchine mane e sira de tre misi. Se chiudo gli la notte, sapete che vedo? Cucuzze! Mi capite se parlo l’italiano, no? No, ve lo chiedo, ca aqquai a Salve, non vi pensate, sono uno dei pochi ragazzi a cuntarlo.

Comunque … vi stavo dicendo, la situazione qua è drammatica, mi è successa na cosa … che mancu alle pellicole del cinematografo! Voi ci siete stati mai al cinematografo? L’avete vista mai na bella storia d’amore di quelle ti fanno venire voglia di piangere per tre quattro giorni senza fermarvi? Una storia di quelle che c’è una femmina bella chiù de tutte le cose de lu munnu? Ecco, una cosa così mi è successa! Solo che la Lucia mia, la ragazza che abita in quella casa lì, è più bella ancora.

Mo, io non sono un poeta, o uno scrittore, e non vi posso dire per bene cci capiddi tene, che sembra che tutte le onde del mare sono venute ad arricciarli, un ricciolo alla volta! E che gambe, che quando esce dalla chiesa, con tutto che tiene sempre chira cazzu de gonna longa longa, si capisce che la sotto, non si stanno muovendo solo due gambe, ma tutti li pianeti e le costellazioni! E gli occhi! quando mi guarda cu chidd’occhi nivari, è come quando che metto la testa nella notte, e guardo dentro pe nu giurnu e na settimana e n’annu, e no trovu mai lu funnu! Ah, moi capisco perché serviva andare a scuola e spraticarsi con la penna! Che se ero uno scrittore, una al giorno gliene mandavo, di lettere. Anzi una alla mattina e una alla sera! E invece ieu ci li pozzu mannare, cucuzze, mane e sira?

Comunque, io modestamente, i passi miei li ho fatti! Ca alla Lucia, non è che ci sono solo io a fargli il filo! Ncè menzu Salve ca na sira sì e l’altra pure passa de quai!

Allora, ve cuntu comu stannu le cose. Io sono sei mesi che mi sono fatto notare, e la signorina mi ha capito, questo è sicuro. Mi ha capito, e secondo me è pure interessata.

Certu, a ste cose, la certezza non ce l’hai mai! E poi, non è che ho avuto tutte queste occasioni di incontro, perché mesciu Roccu, suo padre, gli sta di fianco comu a nu carabiniere, tutte le domeniche! Ma na sera, con la scusa della pizzica, mi sono avvicinato, mentre ballava col cugino, e abbiamo fatto insieme qualche passo.

Saranno state le chitarre, li tamburelli, tutte quelle luci delle parazioni, sarà che qualche bicchierino me l’ero fatto, alla bottega, con gli amici, ma sono riuscito pure a dirgli qualche cosa! Non come faccio di solito, che quando la tengo davanti mi scompaiono tutte le lettere e le vocali da sopra la lingua! Sapete che gli ho detto? Mi è uscita una frase, che manco Jacopo Ortis! Lo conoscete voi questo Jacopo? Io no, ma se lo vedete, fatevi scrivere qualche bella parola per la Lucia!

Insomma, stavo là, e a un certo punto gli ho detto: “Lucia, mo ti dico una cosa, e non fa niente se non mi capisci, che mi capisco solo: come ti vedo io, a stu munnu, non ti vede nessuno!”

E in quel momento, signori miei, mi ha fatto un sorriso, un sorriso, ca era comu se tutti li fiuri de la primavera s’erene perti ddai, su ddi musi, ntra chiru istante. “apposto, ho pensato dentro di me: io sto a posto così, lasciatemi qua per sempre, in questo pezzettino di presente”.

Insomma, le cose si stavano mettendo bene: ci guardavamo veloci quando passavo di qua la sera, e lei stava seduta, sempre con sua madre, il maresciallo dei carabinieri; io mi preparavo una battuta simpatica per quando certe volte veniva pure lei in campagna da Don Carmine, a portare al fratello qualcosa da mangiare. Qualche volta, in mezzo agli ulivi, ci ho parlato per cinque, dieci minuti, addirittura!

Insomma ero pronto, che vi pensate? Che a ventitre anni ormai, un uomo è bello e fatto! Ero pronto ad andare da mesciu Rocco, spiegargli le mie intenzioni, fare tutte le cose come si deve, ma veloce, eh! Ca ieu ave sei misi ca sta rraggiu: ci fidanziamo, ci sposiamo, e poi facciamo figli a ripetizione, che a partire da quella sera, per quanto mi riguarda, possono chiudere il cinema e la televisione!

E invece.

E invece. Ho saputo stamattina che il figlio di Don Carmine vuole prendersela in sposa. Unu bruttu comu la morte, ca puru la morte pensu se schifa cu lu guarda.

Ma io non mi rassegno! Che se poco poco conosco la Lucia, e se ho visto bene nei suoi occhi in questi mesi, non è una che si fa comprare. Dentro al petto, la donna mia, tiene tutta la raggia de lu mare!

Io lo so, perché ve l’ho detto: come la vedo io, nessuno al mondo la sa guardare.

Mo, visto che siete qua, aiutatemi pure voi, a dirlo forte. Aiutatemi a cantare, questa notte:

 

“Damme la manu de sutta lu cippune
tie de calandra e ieu de calandrune
damme la manu e stringimela forte
e fino alla morte e nu me bbandunare
e damme nu ricciu e de li toi capelli
ca vene lu ientu e li fa comparire
a cannoli d’oro a cannoli d’argento
ca per amare a ttie, quante ne sentu!”

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